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05 febbraio 2008

Ad occhi chiusi

Vorrei proporvi alcuni passi da un post presente sul blog di Corrado (scienzamarcia.blogspot.com), che sintetizza bene quello che è anche il mio pensiero a riguardo.

Ho accennato allo stesso tema in vari miei post, tra cui:
10 uomini comandano il mondo

Capire la propaganda
Break (tre)
... .. . .. ...

"Chiudere gli occhi di fronte alla realtà?"
di Corrado P.

Le menzogne non si fondano solo sull’inganno di chi le diffonde e le difende, spesso purtroppo si fondano anche sulla nostra volontà di non vedere, di chiudere gli occhi a delle realtà troppo sgradite, sulla nostra riluttanza ad accettare cose che rischiano di mettere in discussione le nostre idee, la nostra vita, l’equilibrio che abbiamo raggiunto.

Io che scrivo, lo ribadisco ancora, non credo di essere migliore di voi che leggete, ho solo il “vantaggio” di avere scoperto molte menzogne, di essermi sentito ingannato troppe volte e di avere reagito decidendo di andare avanti testardamente a capire quante altre menzogne ci vengono propinate quotidianamente, quante altre falsità si nascondono dietro cose che ancora oggi credo siano vere.

E probabilmente ci sono state, ci sono e ci saranno ancora situazioni in cui anche a me viene difficile accettare delle verità scomode, non so quante volte anch’io ho chiuso gli occhi, in fondo è un umanissimo meccanismo di difesa.
[...]

Quello del chiudere gli occhi di fronte ad una triste o scomoda realtà è un meccanismo istintivo, psicologico, non razionale, che può permettere di guadagnare solo un’apparente tranquillità dell’animo, barattata in cambio della libertà e della conoscenza. Un meccanismo che i padroni del mondo conoscono bene ovviamente, e sfruttano frequentemente per manipolare le masse.

Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere.

Cerchiamo però di essere sinceri con noi stessi, di renderci conto che tutti noi cadiamo spesso in questo tranello. Forse sta capitando anche a te che leggi in questo momento (rispetto a qualche cosa che non vuoi assolutamente credere sia vera).

Quello che riporto di seguito è un brano tratto dal libro “Le mie Patrie” di Pearl S. Buck, un esempio veramente illuminante di come possano operare certi meccanismi psicologici:
“Una delle poche rabbiose discussioni che ebbi con amici cinesi fu con una giovane donna di Nanchino laureata all’Università di Chicago, dove si era specializzata in servizi sociali. In quel nostro primo inverno a Nanchino c’era stata una delle peggiori carestie, e io mi prodigavo del mio meglio nell’opera di procurar cibo e vestiti alle migliaia di derelitti accampati sulle mura della città. Così andai dalla donna, che chiameremo signora Yang, sebbene il suo nome fosse diverso (…) Portava i capelli corti e stava in una casa a due piani, di mattoni, di stile occidentale, e occidentalizzante nella mobilia (…) le parlai delle angustie dei profughi accampati sulle mura cittadine. Essa si rifiutò di credere che le loro condizioni fossero come gliele dipingevo, non mi riuscì di persuaderla a salire sulle mura per constatare de visu. La sua strada era la più moderna della vecchia città, e da essa lei non si scostava mai troppo.

‘Ho visto le cose che dite nei quartieri poveri di Chicago’ osservò con sufficienza ‘ma sono sicura che qui non esistono’.

E non ci fu verso di smuoverla per accertare la verità (…) Ella si era creato un piccolo mondo stagno tutto per sé, i cui cittadini erano tutti come lei, gente che viveva in case carine di mattoni, coi mariti occupati in qualche università, e i bambini a scuola in qualche asilo moderno. Più in là di quell’orizzonte si rifiutava di andare, forse per la paura di conoscere la Cina nei suoi vasti e tragici aspetti.”

Evidentemente per quella giovane cinese occidentalizzata era più comodo farsi un’idea distorta del mondo, convincersi contro ogni evidenza che certe cose negative non ci fossero, come per tanti tedeschi era più facile e comodo pensare che l’olocausto non stesse avvenendo, era più semplice e comodo chiudere gli occhi, fare finta di non vedere e di non sentire.

Sono questi dei meccanismi di “protezione” tipicamente umani che alla fine però rischiano di bloccare ogni possibilità d’intervento sulla realtà [...]

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(Un po' come, per esempio, chi dice "io voglio bene agli animali" ma poi, se gli si propone materiale informativo sulla vivisezione, risponde "No, no, queste cose mi fanno senso, non voglio neanche sentirle!". Beh, complimenti: così facendo fai in modo che la vivisezione continui a prosperare -- e con lei il giro d'affari vertiginoso che ruota attorno a una pratica antiscientifica ma molto redditizia per i soliti noti.
Giusto per fare un esempio tra i tanti, forse il più 'banale'.)

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