La fantascienza è genere d’elezione per poter raffigurare, in una cornice ambientata nel futuro, la realtà presente o prossima ventura.
Ecco perché ritengo che una visione critica di alcuni film di SF possa aiutarci a leggere la realtà, talvolta molto meglio di quanto non possiamo fare tramite la lettura attenta dei giornali e delle notizie.
Ho di recente visto il film “Dante 01”, prodotto nel 2008 dal regista francese Marc Caro.
Rimando a wikipedia per la trama (in italiano gran poca cosa, in inglese già meglio).
Questo film mi ha colpito e mi ha lasciato un senso indefinibile, come se i richiami a simboli e mitologie, addirittura ridondanti, fossero un mezzo per comunicare qualcosa di non trasmissibile “in chiaro”. Oppure no.
Chiamatemi pure dietrologa e fatemi pure notare che leggo troppo il Franceschetti. E’ una sensazione, e chiedo aiuto ai miei lettori per capire se questa sensazione possa avere un qualche fondamento.
"Dante 01" è il nome di una stazione spaziale che funge da carcere di massima sicurezza e laboratorio sperimentale, orbitante attorno al pianeta Dante, un globo infernale e inabitabile.
Dante 01 ospita due medici, due guardie e sei detenuti, criminali psichiatrici che hanno accettato di diventare cavie per sperimentazioni genetiche, evitando così la pena di morte.
I detenuti hanno nomi evocativi: Cesare, Lazzaro, Moloch, Buddha, Rasputin, Attila. I due medici non sono da meno: Persefone e Caronte, il capo della stazione orbitante.
Curioso che il regista si chiami Caro... come Caron, appunto Caronte, il traghettatore di anime della mitologia greca e latina, che ritroviamo puntualmente nella Divina Commedia di Dante.
A scombussolare la già movimentata vita della stazione-carcere, giungono Elisa, ricercatrice, e San Giorgio, un uomo dal passato misterioso così soprannominato per il tatuaggio che porta impresso su un braccio.
San Giorgio che sconfigge il drago.
Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago:
se abbraccerete la fede in Cristo,
riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro.
(San Giorgio - Jacopo da Varazze, “Legenda Aurea”)
Molte scene e molti rimandi mi fanno pensare che non sia soltanto, come descritto in questa bella recensione di Enrico Azzano, una rappresentazione di ciò che ci aspetta: la disumanizzazione come conseguenza della cieca fiducia nella tecnologia.
Ma come scrivevo, è una sensazione sfuggente e non ho messo a fuoco il bandolo della matassa.
Se qualcuno avesse spunti a riguardo e volesse condividere la sua visione lo ringrazio fin da ora.
In ogni caso consiglio senz’altro di visionare questo film.
-- Intervista al regista Marc Caro --
3 commenti:
Tutto è ormai così evidente, la disumanizzazione è lo svuotamento della coscienza da ogni esperienza lirica. Non è il timore mistico a produrre in noi l'indiamento ma la tensione poetica che appunto come Dante ci rivela è intima tensione / partecipazione di Amor.
La finalità del mondo tecnologico è quella di estinguere in noi la "sete d'infinito".
E' puro satanismo.
Un saluto da Mammone
Estinguere la sete d'infinito, sì, è una bella definizione. Anche se non la metterei come "finalità del mondo tecnologico" tout-court, certo è qualcosa verso cui cui spinge chi detiene il potere (potere anche di innescare "état d'esprit").
Grazie per la visita, un saluto a te.
gaia
d'altronde la parola stessa fantascienza altro non significa che fantasie di scienza,perciò è più che lecito che dietro ogni fantasia ci sià un barlume di verità,i film non sono altro che codici e la tua analisi è corretta.
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